Vi racconto come in Cina coltivano i limoni

C’era anche l’Italia al primo Forum mondiale per lo sviluppo dell’industria del limone, che si è svolto il 17 settembre scorso nella città cinese di Ziyang, nella regione del Sichuan. E non poteva essere diversamente, visto che il nostro Paese è una culla dell’agrumicoltura, che sviluppa prodotti d’eccellenza conosciuti in tutto il mondo.

Il Wlidc è stato organizzato dalla Contea di Anyue, nota in Cina come la “Città dei Limoni”, in quanto con i suoi 35.000 ettari produttivi di limoni soddisfa l’80% del fabbisogno cinese. La delegazione italiana invitata a partecipare era composta dal sindaco del Comune di Bagheria, Filippo Tripoli, dal rappresentate del Crea Santo Agnello, dal presidente del consorzio Apo Sicilia Antonio Fricano, dal rappresentante di Slow Food Adalberto Catanzaro e dal presidente dell’associazione La Piana D’Oro Michele Balistreri. Inoltre Alessandra Gentile, dell’Università di Catania, ha tenuto un intervento focalizzato sulla limonicoltura siciliana.

Durante il forum il presidente della China Citrus Society, Deng Zi Niu, ha presentato il Chinese Lemon Blue Book per fare il punto sulla situazione cinese in campo limonicolo. Il tema della sostenibilità si fa sempre più spazio anche in agrumicoltura, tanto in occasione del Wlidc i rappresentanti di Cina, Turchia, Sudafrica, Spagna, Stati Uniti e Italia hanno sottoscritto la “Dichiarazione verde sullo sviluppo dell’industria mondiale dei limoni”.

Il Forum è stata anche l’occasione per conoscere più da vicino la filiera cinese del limone. La delegazione italiana ha visitato il centro di esposizione del limone Baosen e il relativo campo espositivo dove sono presenti quasi tutte le varietà di limoni del mondo.

“Molto interessante è stata la vista guidata presso il centro di lavorazione Sichuan Huatong Lemon Co. ltd, centro di lavorazione del prodotto fresco e dei derivati – spiega a Italiafruit News Antonio Fricano – Sorprendente la visita in campo, dove si è constatato che tutti i frutti vengono insacchettati singolarmente dopo l’allegagione per preservarli da attacchi di insetti e dalle intemperie. Gli impianti sono monovarietali, un clone dell’Eureka, ed hanno un portamento medio basso a cespuglio.

“I limoneti sono distanti dal mare, non meno di 500 chilometri – prosegue Fricano – mentre in Italia siamo abituati ad avere limoni costieri. I terreni, poi, sono pesanti, argillosi e ricchi d’acqua: nei limoneti ci sono veri e propri canali di scolo. La tecnica dell’insacchettamento ci ha sorpreso: il frutto è inserito in un sacchetto di carta oleosa con all’interno un film plastico e sul bordo superiore una linguetta metallica per chiudere. Viene applicato nel mese di giugno, quando il limone è sui 15-20 grammi, e viene tolto poco prima della raccolta. E’ un tipo di coltivazione molto dispendiosa se si considerano le risorse umane impiegate: non c’è meccanizzazione, gli impianti sono molto bassi, con gli innesti a meno di un metro da terra e tutte le operazioni colturali vengono svolte a mano. Oggi, in Cina, i limoni sono un prodotto costoso, non c’è confezionamento in retine ma si vendono sfusi”

Alla fine della visita è stato siglato un protocollo d’intenti tra i Comuni di Anyue e Bagheria per un gemellaggio, dal momento che entrambi gli enti hanno ritrovato un’identità culturale affine per ciò che il limone ha rappresentato – e rappresenta – nell’economia locale. Un filo giallo che lega Italia e Cina e da cui potranno nascere collaborazioni future.

 

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